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Diritto e giustizia nella filosofia pratica rosminiana

Teodicea politica o giustificazione della decisione giuridica? (Videocorso tenuto dal Prof. Francesco Petrillo)

L’obiettivo delle tre lezioni del videocorso è il riscontro, sui testi rosminiani, di una visione giuridica, interna alla filosofia pratica di Antonio Rosmini, che si rivela non solo moderna, ma post-moderna, se riesaminata a partire dalle fonti cui essa attinge: gli studi politico e giuridici della cultura greco-latina e medievale, nonché i contenuti di queste ultime ancora presenti nel pensiero europeo della modernità.

La filosofia pratica rosminiana evidenzia momenti rilevanti di post-modernità giuridica, seppure essa prenda le mosse da studi classici e medievali, comunque pre-moderni, e si plasmi sull’intellettualismo greco come trasfuso nell’agapismo cristiano, attraverso la teoria del diritto naturale. Quest’ultima è attualizzata da Antonio Rosmini-Serbati, tenendo da parte tanto le contaminazioni delle teorie giusnaturalistiche ideologiche, quanto quelle delle filosofie pratiche moderne, italiane o europee. Anzi va evidenziato come in queste ultime il Roveretano trovi interesse solo quando esse cerchino il confronto con la filosofia politica greco-latina e medievale.

Diversa questione va considerata, invece, quella riguardante lo studio dei rapporti tra la teoria gnoseologico-teoretica rosminiana e la pretta filosofia teoretica della modernità. Di essa il video-corso non si occupa.

Il risultato più rilevante – nel lavoro rosminiano di attualizzazione della filosofia pratica della tradizione classica – che finisce per risaltare ai nostri giorni, è proprio l’elaborazione di una teoria dell’interpretazione giuridica e della giustizia sul caso concreto, volte non solo all’applicazione delle leggi statali, ma, più propriamente, alla tutela giuridica della persona singola, specie se non assurta allo status della cittadinanza.

L’impersonalità del soggetto giudicante, fonte dell’unica moralità possibile di quest’ultimo, che, a sua volta, “ritrova o recupera” la persona nell’oggetto – cioè il soggetto su cui ricade la decisione -, spiega l’importanza, nella filosofia pratica rosminiana, del Tribunale politico. Quest’ultimo è ente posto al di sopra degli Stati, al fine di garantire una giustizia più impersonale e quindi “più morale” di quella che è portato della moderna legge positiva. Ogni Tribunale dovrebbe, come quello politico, essere effettivamente terzo al di sopra delle parti, anche rispetto a un contrasto da dirimere tra Stato e cittadino, o tra Stato e soggetto non titolare della cittadinanza (si pensi, per rilevare l’approccio post – moderno, alla vicinanza con le teorie neo-contrattualiste della Jurisprudence harvardianadella fine del secolo scorso).

La giustizia è nella garanzia dell’applicazione concreta, oltre che del “diritto derivato”, anche dei principî universali (del diritto puro) e dei principia practica communissima (del diritto razionale umano). Scegliere tra i contenuti di tutte le fonti possibili del diritto al fine di giustificare la decisione giuridica è la sostanza e il senso della Scienza dell’arte di applicare il diritto astratto ai titoli reali, che Rosmini teorizza all’interno del suo sistema, seppure dapprima la preveda – Tavola della Filosofia del diritto – come mediazione necessaria tra diritto puro e diritto derivato, ma poi sostenga di non potersi dedicare ad uno studio specifico su di essa. Nella sua Filosofia del diritto, ma anche nella sua Antropologia in servizio della scienza morale, nei suoi Saggi di scienza politica, così come nella Teosofia, invece, la costruisce concettualmente e ne definisce metodo e modelli.

La modernizzazione delle filosofia pratica classica, secondo il pensiero razionale, conduce il Roveretano a studiare problemi giuridici – e anche a indicarne le soluzioni – ancora non risolti, seppure fortemente dibattuti, non tanto nella modernità, quanto proprio ai nostri giorni, nelle contemporanee società complesse e globali.

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