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La teologia naturale nell’epistemologia riformata

La teologia naturale come riflessione circa la legittimità delle credenze religiose (Videocorso tenuto dal Dr. Marco Damonte)

La teologia naturale, intesa quale tentativo di dimostrare razionalmente alcune verità religiose indipendentemente dalla fede e preliminarmente ad essa, ha attirato su di sé numerose critiche. Essa sarebbe superflua, inutile o addirittura dannosa per i credenti, perché l’atteggiamento di fede non richiederebbe nella sua essenza aspetti cognitivi. Davvero oggi la teologia naturale non ha più nulla da dire? Gli epistemologi riformati ritengono che sia superata solo la teologia naturale nella sua formulazione moderna e propongono di riabilitare questa disciplina filosofica, attribuendole un nuovo ruolo.

Il presente videocorso si propone di valutare criticamente il ruolo che la teologia naturale ricopre nei principali esponenti dell’epistemologia riformata. Nella prima lezione viene presentata questa corrente, nata in America da un gruppo di docenti presso un’università calvinista e attenta agli aspetti epistemologici e al realismo delle credenze religiose. La seconda lezione è dedicata a Plantinga, il quale argomenta circa la legittimità delle credenze teiste in virtù della loro garanzia. La sua proposta epistemologica mira a superare il paradigma deontologico della modernità e si interroga sul tipo di metafisica più coerente per sostenere la sua teoria della conoscenza, scartando la posizione naturalista e proponendo la visione teista. Per Alston la teologia naturale è ancora legata all’epistemologia, che egli declina grazie alla nozione wittgensteniana di pratica doxastica. Alston inoltre è attento alla filosofia del linguaggio e la sua teologia naturale si presenta proprio come una discussione sull’assertività delle proposizioni su Dio. E’ quanto verrà discusso nella terza lezione. Nella quarta verrà preso in considerazione Wolterstorff e, nello specifico, l’attenta ricostruzione storiografica della nascita della teologia naturale in seno alla filosofia moderna e l’argomentazione circa la possibilità di attribuire a Dio la capacità comunicativa. L’ultimo autore trattato sarà Wainwright, attento al collegamento tra teologia naturale e morale e sensibile ad una teologia naturale capace di inculturare la fede, senza razionalizzarla, ma rendendola capace di fecondare la vita. Nell’ultima lezione, la sesta, verrà presentato un modello di teologia naturale quale studio della legittimità, del contenuto e delle conseguenze delle proposizioni che riguardano Dio condotto attraverso l’analisi delle facoltà conoscitive proprie dell’uomo e del contesto della loro attuazione, ricorrendo ad un metodo mutuato dalla filosofia. La conoscenza di Dio non è inferita o dedotta da qualche caratteristica del mondo, ma è originata da essa, in quanto frutto di una facoltà religiosa specifica dell’uomo, quale il sensus divinitatis. La teologia naturale precede nell’ordine scientifico la rivelazione in quanto dispone alla sua accoglienza, ma non è una condizione necessaria per poter assentire alle credenze teiste, la cui legittimità va riconosciuta sul piano antropologico.

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