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Dal Nuovo saggio alla Teosofia si delinea nel pensiero rosminiano un pensiero metafisico che rispetto ai grandi paradigmi – innanzitutto quello aristotelico e quello hegeliano, ma anche rispetto alla metafisica di tipo platonico – propone un’alternativa valida che prende come punto di partenza la novità centrale del pensiero di San Tommaso: l’actus essendi. Secondo Rosmini, proprio nel contesto della modernità esso esplicita la sua vera forza teoretica in quanto consente di conciliare all’interno di un approccio ontologico la dimensione soggettiva, oggettiva e morale dell’essere. In questa triadicità ontologica, la dimensione soggettiva (reale) ed oggettiva (ideale) risultano conciliati senza riduzioni: infatti si tratta di una concezione ontologica che mette al centro la relazione dell’essere alla mente (essere dianoetico) senza dissolversi in questa relazione (essere anoetico). Presupposto speculativo per tale impresa, che quindi evita sia un realismo premoderno sia un idealismo moderno, è la considerazione dialettica dello stesso actus essendi in essere iniziale ed essere virtuale. Con questi due termini Rosmini trova la traduzione della distinzione reale tra esse ed essentia in una concezione metafisica moderna. In quanto nel culmine del pensiero rosminiano nella Teosofia questa metafisica si presenta come “ontologia trinitaria”, allora risulta che proprio nella modernità l’origine del pensiero cristiano si traduce in una vera alternativa metafisica.
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